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Gli effetti collaterali dello shopping compulsivo – Dress the change

Shopping Therapy o shopping compulsivo?

Abbiamo sentito tutti parlare almeno una volta nella vita di Shopping Therapy o, come lo si chiama negli Stati Uniti, “Retail Therapy”, ovvero il comportamento di acquisto “attivo” volto al miglioramento dell’umore.

Ma è vero che lo shopping ha delle conseguenze sul nostro umore e benessere?

Oppure è solamente una scusa che raccontiamo a noi stessi per consumare di più? E se davvero ci fa stare meglio, quanto dura questo effetto terapeutico?

L’interessantissimo sondaggio di Greenpeace, dal titolo “After the Binge, the Hangover” condotto su 1000 persone dai 20 ai 45 anni in Cina, Hong Kong, Taiwan, Italia e Germania cerca di dare risposte alle nostre domande.

“Le persone non fanno shopping perché hanno bisogno di qualcosa di nuovo – lo fanno per desiderio di divertimento, soddisfazione e ottenere fiducia di fronte agli altri. Gli amanti dello shopping cercano anche di alleviare lo stress, ammazzare il tempo ed evitare  la noia”.

Perché facciamo shopping compulsivo?

La maggior parte delle volte, non ne abbiamo bisogno: “fatte le debite eccezioni, l’acquirente economico-funzionale non esiste più”, spiega Valeria Volponi, esperta di retail e docente alla Milano Fashion School. “Quasi tutti i nostri bisogni, infatti, sono già soddisfatti e gli acquisti sono motivati da altre ragioni”.

Ci sono in effetti molte ragioni che spingono ad entrare in un negozio per l’ennesima volta e acquistare un nuovo capo.

Lo shopping è diventato una parte integrante delle nostre vite, e molti lo fanno per divertimento. Il sondaggio mostra che, mentre il 39% dei tedeschi si sente entusiasta dopo aver fatto shopping, addirittura il 76% di abitanti di Hong Kong e il 65% dei cinesi prova una sensazione di soddisfazione dopo aver comprato qualcosa. 

Naturalmente non tutti possono permettersi acquisti importanti. Per questo molti marchi si adattano mettendo sul mercato “oggetti di poco costo che, mentre assicurano il piacere dell’acquisto, danno la sensazione che si stia spendendo poco”.

Comprare bei vestiti aiuta anche ad aumentare la propria autostima o il proprio status sociale (in Cina è così per il 93% degli intervistati).

C’è anche chi lo fa per alleviare lo stress o per ammazzare il tempo e non annoiarsi. Ma lo shopping è anche un vero collante sociale e sembrerebbe che avere amici o familiari che amano fare shopping spinga ad acquistare di più, senza contare il fatto che in alcune culture il regalo è il modo migliore per dimostrare l’importanza di una relazione.

Oltre a tutti gli impulsi interni, hanno un enorme impatto anche le pressioni dall’esterno, come i social media o le raccomandazioni degli influencer, a cui si aggiungono il potere dei saldi o delle promozioni (che spingono all’acquisto anche di oggetti non necessari il 72% degli italiani).

Gli effetti collaterali dello shopping compulsivo.

Possiamo dire che sì, lo shopping aiuta a migliorare il nostro umore. Ma per quanto tempo esattamente?

Più della metà degli intervistati dichiara che l’entusiasmo per il loro acquisto finisce entro 24 ore, per l’8% svanisce addirittura dopo pochi istanti. Alcuni affermano anche che l’entusiasmo iniziale viene presto sostituito da sensazione di vuoto, noia o sensi di colpa (tanto da nascondere gli acquisti ad altre persone per timore di essere giudicati).

Al senso di colpa si aggiunge a volte la consapevolezza di aver speso di più di quanto ci si poteva permettere, è il caso di un terzo degli italiani.

La scelta del titolo del sondaggio è interessante: si pone l’accento sulla parola “Binge”, per definizione un’alterazione del comportamento caratterizzata da un impulso irrefrenabile e un eccesso sregolato: comportamento che può riferirsi al rapporto con il cibo, alcol e in questo caso allo shopping.

In conclusione, come tutte le esagerazioni anche lo shopping compulsivo è seguito da un hangover e ha i suoi effetti collaterali.

Non ci resta che sperare che, una volta smaltiti i postumi, al desiderio irrefrenabile di comprare di nuovo si sostituisca una nuova consapevolezza dei clienti e che gli argomenti dell’industria della moda passino dalla convenienza alla durabilità e qualità dei capi.

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