Sette vite come i Jeans

Love letter: la collaborazione di Ganni e Levi’s all’insegna di upcycling e sharing.

Ad aver proposto una nuova visione di moda ecosostenibile è Ganni, noto fashion brand danese tramite la recente capsule collection upcycled realizzata in collaborazione con Levi’s, marchio indiscusso nella creazione di jeans.

Love Letter, questo il nome della collezione, è realizzata interamente  con tessuto denim vintage e riciclato di proprietà della Levi’s e progettata “per essere indossata da molti, di proprietà di nessuno”.

Cosa significa? Che i tre capi ideati per la capsule – jeans 501, abito  chemisier e camicia button-down – sono disponibili solo per il noleggio,  ad un prezzo di 55 dollari a settimana. I consumatori possono, con un semplice click, noleggiare i pezzi direttamente dalla piattaforma Ganni  Repeat, usarli, riportarli e leggere la storia di chi li ha indossati prima di loro.

La novità dei due brand è un approccio basato sullo sharing e sul  recupero, una strada che potrebbe essere percorsa anche da altri marchi  al fine di diminuire l’inquinamento prodotto dai capi moda. Quando si  parla di jeans, infatti, si pensa al capo più indossato ed amato dal  mondo intero, confortevole ma trendy, versatile e glamour. Non tutti sanno, però, che è tra una delle maggiori cause dell’inquinamento ecologico  globale, non solo per l’utilizzo intensivo di prodotti chimici, delle  grandi quantità d’acqua e di energia ma anche, e soprattutto, per il suo smaltimento.

Diventa quindi fondamentale l’impegno a riutilizzare i  tessuti attraverso l’upcycling, realizzando un nuovo prodotto  finito, alla moda ma ecosostenibile; solo meno dell’1% di tutti i materiali utilizzati nell’abbigliamento viene riciclato ed usato di nuovo in vestiti. 

Per di più, le tecnologie che consentirebbero di trasformare i capi in fibre vergini sono ancora inadeguate: un’opzione potrebbe essere il riciclaggio chimico che produce fibre vergini di alta qualità, disponibile per poliestere e nylon e, solo di recente, anche per il cotone, ma purtroppo i risultati non sono ancora del tutto economici e di buona qualità.

Dunque, non solo il recupero e il riutilizzo di Ganni e Levi’s  rappresentano una best practice da seguire, ma la condivisione di capi d’abbigliamento potrebbe essere una nuova frontiera da raggiungere, che, se messa in atto dai grandi marchi, potrebbe migliorare notevolmente l’impatto del fashion system sul nostro pianeta.

Lo sharing è già diffuso in diversi settori, come quello automobilistico, perchè non metterlo in pratica anche nella moda?

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