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L'impatto ambientale e sociale dell'industria della moda

L’impatto ambientale e sociale dell’industria della moda

L’industria della moda è un’industria globale dal valore di 2,4 trilioni di dollari, che impiega circa 50 milioni di persone ed è considerata una delle industrie più inquinanti al mondo.

Secondo il londinese Centre for Sustainable Fashion sono 8 le principali problematiche derivanti dall’ industria della moda.

1. Cambiamenti Climatici

È stato previsto che le emissioni di CO2 prodotte dall’industria della moda aumenteranno del 60% nei prossimi 12 anni.

Basti pensare che solo il trasporto dell’industria dei jeans produce il 13% delle emissioni annue totali di CO2.

2. Sfruttamento ed inquinamento delle risorse idriche

L’acqua è necessaria per l’industria della moda, dalla piantagione del cotone ai trattamenti dei materiali fino ai vari lavaggi degli indumenti a casa.

Solo per la realizzazione di una T Shirt servono 2700 litri d’acqua, pari al fabbisogno di acqua per tre anni di una persona.

Un altro enorme danno ecologico collegato alle risorse idriche riguarda lo smaltimento di tutte le sostanze tossiche con cui vengono trattati i capi di abbigliamento.

Molte fabbriche espellono le acque inquinate nelle risorse idriche naturali avvelenando fiumi, mari e acque sotterranee. Il 20% dell’inquinamento delle risorse idriche mondiali dipende dall’industria della moda. La pericolosità di questi scarichi ha effetti negativi sull’uomo, sugli animali e sull’ambiente circostante.

3. Inquinamento da pesticidi

L’industria della moda è uno dei principali utilizzatori di prodotti chimici e a sua volta è responsabile per il 20% dell’inquinamento delle acque e delle emissioni di gas nocivi nell’aria.

Nessun’altra attività agricola utilizza così tanti prodotti chimici quanto l’industria del cotone.

Per la coltivazione del cotone si utilizzano un quarto dei pesticidi prodotti in tutto il mondo.

Oltretutto, spesso i lavoratori li utilizzano in dose elevate e senza protezioni.

Questi pesticidi negli ultimi anni sono stati vietati in Europa. Ma non in India, paese in cui viene coltivata la maggior parte del cotone utilizzato nell’industria della moda.

4. Sfruttamento del suolo

La moda è direttamente collegata allo sfruttamento della terra e al processo di perdita della biodiversità attraverso lo sfruttamento del suolo.

Dai campi di cotone ai campi di allevamento di bestiame per la realizzazione del pellame.

5. Diminuzione delle risorse naturali

La fabbricazione ed il trasporto dei capi di abbigliamento si fonda su numerose risorse naturali ed umane, che sono per definizione limitate.

L’industria della moda è quasi completamente dipendente dall’utilizzo di combustibili fossili e dalla necessaria manodopera.

Basti pensare che la produzione di un paio di jeans si estende per 4 continenti e le varie componentistiche con cui viene realizzato un jeans possono viaggiare fino a 65.000 km, con un evidente impatto diretto sull’ambiente.

Metà dei danni ecologici prodotti dalla produzione di jeans sono collegati al trasporto, l’altra metà alla raccolta del cotone.

6. Consumismo e sprechi

In occidente compriamo abiti per il 400% di più che venti anni fa’.

In questi venti anni i vestiti sono diventati sempre più economici e di minore qualità, in tal  modo le persone sono indotte a comprare sempre più abiti che vengono conservati per periodi brevissimi…come solo una stagione.

7. Schiavitù moderna

La schiavitù moderna esiste ancora oggi nelle forme del lavoro forzato, della tratta di esseri umani e dello sfruttamento minorile.

La mancanza di trasparenza nella catena di fornitura nei grandi brand non permette di garantire l’assenza di sfruttamento della schiavitù nella catena di produzione dei più importanti marchi di moda.

I dati dell’industria tessile al momento sono allarmanti. Dalle indagini condotte dal movimento internazionale Fashion Revolution emerge come in Guandong, in Cina, le giovani donne facciano fino a 150 ore mensili di straordinari, il 60% di loro non abbia un contratto ed il 90% non abbia accesso alla previdenza sociale; in Bangladesh i lavoratori che realizzano indumenti guadagnano 44 dollari al mese (a fronte di un salario minimo pari a 109 dollari).

Ancora, sempre Fashion Revolution ha stimato nel corso di un’indagine condotta su 91 marchi di abiti che solo il 12% di questi abbia intrapreso azioni dirette a garantire un salario minimo legale per i propri lavoratori.

ll Bangladesh Child Right Forum stima che siano 7,4 milioni i bambini bangladesi costretti a lavorare fin da piccoli per contribuire al mantenimento delle proprie famiglie, divenendo vittime di abusi e torture nel 17 % dei casi.

8. Benessere Umano

L’attuale ritmo di produzione dell’industria della moda compromette il benessere di lavoratori, delle comunità, degli animali e dell’ambiente.

Scegliere come spendere i nostri soldi può creare il mondo che desideriamo! Compriamo abiti realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone!

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