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Fashion Revolution week 2017 – Dress the change

Fashion Revolution Week 2017. Analizziamo i dati.

Sono stati pubblicati i dati relativi alla Fashion Revolution Week 2017 tenutasi in tutto il mondo ad aprile in corrispondenza dell’anniversario della tragedia di Rana Plaza.

Quest’anno sono state coinvolte 20 milioni di persone in tutto il mondo e 66.000 hanno partecipato alle migliaia di eventi che si sono tenuti nel corso di quella settimana per sensibilizzare sulle tematiche della moda etica.

Anche Dress The Change ha partecipato alla Fashion revolution Week organizzando un incontro con una ventina di millenials per parlare dei costi umani ed ambientali della moda. L’incontro è stato veramente stimolante ed i ragazzi si sono dimostrati particolarmente attenti ed interessati alle questioni trattate.

Come emerge dal report di Fashion Revolution è aumentato anche il numero di attori coinvolti nella filiera dell’industria della moda. Sempre più produttori, infatti, hanno condiviso i dati relativi alle proprie aziende rendendo noto chi, come e dove realizzano i capi di abbigliamento che noi tutti indossiamo.

“Global brands such as ZaraFat FaceMassimo Dutti, Pull and Bear, G Star Raw, Marks and Spencer, Marimekko and Gildan  are among more than 2000 fashion brands and retailers that responded with real information about their suppliers or photographs of their workers saying #imadeyourclothes, almost double the number who responded last year”. Ottimo risultato!

È aumentata anche la copertura che i media hanno dato alla Fashion Revolution Week 2017 e all’informazione con oltre 12 miliardi di articoli sulla Fashion Revolution Week in aprile!

Per quanto riguarda la trasparenza, emerge dal Fashion Transparency Index (pubblicato sempre da Fashion Revolution) come molti dei più grandi marchi di moda continuino a non fornire sufficienti informazioni riguardo al loro impatto sulle vite dei lavoratori sull’ambiente.

I brand, principalmente, pubblicano tutte le attività che svolgono per sforzarsi di diminuire il loro impatto ambientale, cosa assolutamente apprezzata ma non esclusivamente sufficiente.

Grazie alla semplice domanda #whomademyclothes è stata attivata una conversazione globale sul tema della trasparenza della filiera di produzione dell’impresa moda e sono state ispirate migliaia di persone a guardare in un modo diverso i propri capi di vestiario.

Come evidenzia Carry Sommers (fra le fondatrici del movimento) nel suo report, Fashion Revolution, però, è molto di più che un hashtag pubblicato una settimana l’anno. Le attività di Fashion Revolution proseguono incessantemente verso i più svariati orizzonti. Fashion Revolution lavora 365 giorni l’anno per fare ricerca e trovare nuovi mezzi di comunicazione che sensibilizzino e coinvolgano sulle numerose problematiche legate al mondo della moda.

L’invito a contribuire alla rivoluzione con il famoso hashtag #whomademyclothes, comunque, rimane sempre valido!

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