Rafedìn è un progetto di moda e sartoria artigianale che offre una nuova vita a donne che si trovano nel limbo dello status di richiedente asilo.
Rafedìn è lo spazio di terra che sta fra il fiume Tigri ed il fiume Eufrate, quella che un tempo era l’antica Mesopotamia e che, ora come ai tempi di Abramo, è una terra in cui confluiscono tanti profughi: Amman in Giordania.
Abbiamo conosciuto Maria Paola, responsabile ad Amman del progetto Rafedìn – Made by Iraqi Girls, che ci ha spiegato le esigenze che hanno portato Padre Mario a creare questo progetto. In Giordania, infatti, sta aumentando progressivamente il numero di rifugiati iracheni, buona parte dei quali sono cristiani, ai quali non viene riconosciuto lo status di rifugiato, ma solo quello di richiedente asilo. Questo porta i richiedenti asilo a vivere in un limbo statico in cui non possono lavorare, accedere ai servizi scolastici e sanitari, non potendo, così, integrarsi in alcun modo e condurre una vita dignitosa.
La vita precaria di queste persone fuggite all’Isis, che possono rimanere per 2 o 3 anni in attesa del visto, ha portato un gruppo di amici Italiani a creare un’alternativa a limbo in cui si trovano.
Padre Mario, ed un gruppo di volontarie sarte di Cerignola hanno così creato un laboratorio tessile in cui offrire una formazione professionale e la possibilità di imparare un mestiere che possa poi far guadagnare loro qualche cosa e sostenere anche la famiglia oltre a costruire legami di solidarietà a ragazze profughe provenienti dall’Iraq.
Per il primo anno di vita Rafedin si è finanziato completamente con i ricavi delle vendite dei prodotti realizzati dalle ragazze!
I prodotti di Rafedìn sono disegnati in Italia dalle sarte volontarie e realizzati con stoffe Giordane e palestinesi, creando, così, un connubio fra l’Italia e l’Oriente. I prodotti realizzati dalle ragazze sono i più vari e spaziano da vestiti, giacche, gonne, magliette, fino ad accessori per la casa come cuscini, runner, asciugami e coperte.
Gli acquisti si possono effettuare mediante la pagina Facebook ed i ricavi delle vendite sono esclusivamente devoluti alle ragazze.
Riportiamo di seguito alcune testimonianze delle ragazze, prese da un’intervista, Sally, 24 anni, originaria di Kirkuk, inizia raccontando come è arrivata ad Amman: «Io e la mia famiglia siamo stati costretti a lasciare l’Iraq: eravamo trattati come dei terroristi. Un giorno ci hanno detto che se fossimo rimasti ci avrebbero ucciso. Non ci rimaneva che la fuga. E così non ho potuto concludere i miei studi all’università. Il primo periodo ad Amman è stato durissimo. Cercavo di ingannare il tempo studiando inglese, nella speranza che potesse servirmi per il futuro. Ma anche questo non mi bastava. Le giornate erano lentissime e senza scopo. Poi ho conosciuto Refedìn e la mia vita è cambiata». Le fa eco Dalida, 25 anni, di Baghdad: «Ho studiato informatica a Mosul. E prima della guerra vivevamo sereni con la mia famiglia. Siamo dovuti scappare, senza neppure avere il tempo di pensare a cosa portarci dietro. Abbiamo chiuso la porta di casa, sapendo che non saremmo più tornati indietro. Grazie a Refedín ho ritrovato la speranza. Grazie perché ci state aiutando, ma grazie anche per avermi fatto ritrovare il buon umore».
Fra i progetti futuri di Rafedìn c’è sicuramente un’ampliamento della platea delle destinatarie del progetto e un processo di completa auto-sostenibilità dell’attività.
Facciamo loro i complimenti per il coraggio e lo spirito innovativo!
Dalla loro pagina Facebook è possibile seguire la produzione: