The wheel of Khadi

Tessuto indiano di tradizione millenaria, filato a mano con l’arcolaio a ruota chiamato charka. Ma il Khadi è molto di più, è un’arte, una filosofia, un’idea politica, la bandiera del popolo indiano.

Usato da Gandhi come strumento di lotta per l’indipendenza del suo popolo e tuttora praticato da milioni di artigiani rurali, il Khadi è simbolo di produzione interna e dei valori spirituali dell’India.

Ne parliamo con Gaia Ceriana, fondatrice di Indoroman e regista del documentario “The wheel of Khadi”, prodotto da Achab Film e presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma il 24 ottobre al Maxxi ore 19:30 e il 25 ottobre al Frecciarossa cinema hall ore 15:30.

Il Khadi rappresenta ciò che la moda dovrebbe essere: estrema qualità, creazione artigianale, tradizione e umanità. 

Cos’è il Khadi? 

Letteralmente Khadi vuol dire filato e tessuto a mano, non è traducibile con un’altra parola. E’ l’origine dell’arte tessile dell’India dal 3.000 a. C. Raccontarlo è un’intenzione antica, da quando l’ho scoperto durante il mio primo viaggio in India dove mi trovavo per girare un documentario. Appena vedevo del Khadi sparivo, poi, negli anni, ne ho comprato tantissimo finchè un giorno ho pensato che sarebbe stato bello condividerlo, far capire che per me quel tessuto era un tesoro.

Perché Gandhi definì il Khadi la bomba atomica della non violenza?

Tornato in India dal Sud Africa, Gandhi comprese che c’era bisogno di un elemento che unisse tutti nella lotta per l’indipendenza economica contro il dominio coloniale inglese ed intuì che questo elemento era il Khadi, incoraggiandone la lavorazione in ogni villaggio indiano. Oggi una commissione nazionale del governo che si chiama KVIC Khadi and Village Industries Commission tutela e finanzia la produzione di Khadi.

Ghandi lo interpretava anche come strumento di crescita spirituale del popolo indiano

Si può parlare di khadi a diversi livelli: c’è un aspetto pratico e un altro filosofico, perché il lavoro manuale, così meticoloso da trasformare un fiocco di cotone in filo, in fondo non è che una forma di meditazione. La lavorazione richiede pazienza, dedizione, lo spiega Tara Gandhi, nipote del Mahatma, ambasciatrice del Khadi e voce narrante del documentario, con la parola Matri shakti che vuol dire amore potente di una madre.

La varietà dell’India, fatta di diverse etnie, lingue, religioni si riflette anche nelle stoffe?

Quando si parla di khadi si pensa al cotone ma ci sono tantissime varietà di Khadi anche in seta, tra cui quella cosiddetta Ahimsa o seta della pace, in cui il baco da seta non viene buttato nell’acqua bollente e quindi ucciso, ma viene lasciato uscire naturalmente. In questo modo si estrae il filo rimasto dentro, che però si spezza un pò, come se fosse una fibra corta (come il cotone o il lino). Il risultato è una seta con dei piccoli nodi, meno liscia. Gli indiani usano questa no violent silk per le loro preghiere e funzioni religiose perché è una seta più pura.

Il Khadi è un tessuto etico? 

Molto se parliamo di etica del prodotto, per le modalità di lavorazione che sono assolutamente non inquinanti. Meno se parliamo di etica della persona, soprattutto all’inizio della catena produttiva. Quello delle matassine è ancora un lavoro di sopravvivenza, sono pagate poco e se il lavoro non viene bene vengono pagate meno.  

Come nasce Indoroman?

Ho creato l’associazione Indoroman dopo un percorso di ricerca sul patrimonio tessile indoeuropeo, con l’intenzione di unire la tradizione dell’arte tessile indiana con la cultura occidentale. Da un’accurata selezione di stoffe, principalmente di Khadi, vengono ideati capi di abbigliamento ma anche arredamento, decoro e casa, realizzati in alcuni laboratori in India, disponibili presso la sede di Indoroman.

Tradizione e innovazione responsabile è possibile?

A differenza dei tessuti sintetici il khadi è buono per la pelle, come dice anche Tara “se tu indossi il Khadi non hai bisogno di gioielli”. It’s a statement, è una dichiarazione! Se cominci a mettere il cotone indiano ti accorgi della differenza, tutti coloro che lo hanno scoperto dicono che non indosserebbero più altro.

Nel caso del khadi la bellezza ha un valore molto più profondo, questo tessuto crea quasi una dipendenza, è ipnotico e profondamente umano. E’ bello pensare di indossare qualcosa creata esclusivamente dalla mano dell’uomo. 

Antonia Augusta Ruggiero
Ama la moda come forma di cultura applicata alle arti e alla natura. Scrive di costume, spettacolo e ambiente, per il magazine "Roma the eternal city" e per le diverse riviste del Gruppo editoriale. E’ stata autrice e conduttrice del programma di moda di Rai Uno "Top tutto quanto fa tendenza". Profondamente convinta che la moda sia un potente strumento di comunicazione capace di cogliere e condizionare lo spirito del tempo.

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